Se siete di Roma conoscete sicuramente via Tasso e la sua storia. Se non lo siete, vi basta sapere che il numero 145 della suddetta strada era un edificio utilizzato come caserma e carcere dalle SS nei mesi dell’occupazione nazista della captale sotto il comando del famigerato Herbert Kappler.
In quel maledetto luogo le persone contrarie al fascismo venivano interrogate, detenute e torturate. Si poteva uscire, certo, ma le destinazioni erano tre: il carcere di Regina Coeli, il Tribunale di guerra oppure le Fosse Ardeatine.
Oggi in quegli stessi locali c’è il Museo storico della Liberazione. Al suo interno, oltre ai reperti, c’è anche un pezzo di pane, di 80 anni fa. Simbolo più potente di un proiettile.
Il pane della Resistenza
Il 19 aprile del 1944, mentre era in missione a Torino, Ignazio Vian, incastrato da un delatore, venne arrestato. Incarcerato e torturato ogni giorno per tre mesi nella caserma di via Asti, non tradì mai i suoi compagni.
Nel Museo storico della Liberazione campeggia una teca di vetro con un pane, una biova. La didascalia riporta poche parole «Pane di Ignazio Vian con l’ultimo saluto alla famiglia», di fianco alla teca una cornice ricorda le motivazioni per cui Vian è stato insignito della medaglia d’oro al valore. Sul pane secco si leggono ancora tutte le parole incise. Da un lato i nomi dei familiari di Vian: Nella, Toti, Teresa, Maria, Pio, Cesco, Bepi e Nina. Dall’altro l’addio tenero di quello che era solo un ragazzo di 27 anni: «Coraggio mamma».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 25 Aprile 2024, 21:07
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